Istituzioni democratiche statunitensi, fragili o intangibili?
Articolo pubblicato su MeridianoiItalia.tv
“Andremo in Campidoglio, e faremo il tifo per i nostri coraggiosi senatori (…) e probabilmente non faremo il tifo per alcuni di loro” ha detto, tra l’altro, Trump parlando ai suoi adepti nella manifestazione della mattina davanti alla Casa Bianca.
E, in effetti, i suoi “ragazzi orgogliosi” al Congresso ci sono andati ed hanno scritto una pagina di storia: storia nera e criminale.
Hanno attaccato il cuore delle istituzioni democratiche statunitensi con un vasto corredo di orrendi simboli del peggiore passato, dalle bandiere confederate alle magliette “camp Auschwitz” e “work brings freedom”, e poi le armi, le tute mimetiche, le pelli di orso, gli elmi e le corna.
Le corna! Questo richiamo – storicamente ridicolo – ai celti, ai barbari, continua da anni ad affascinare a diversi paralleli: arrivano i barbari e sbaraccano la casta, l’establishment, cioè “il complesso delle istituzioni che, in un Paese, detengono il potere sia nella vita politica in generale sia in singoli settori di attività” (Treccani) ma poi una volta sbaraccato? Cosa sostituire? Come sostituire? Chi sostituisce chi?
Per cercare di comprendere il procedere della opinione pubblica statunitense in questi ultimi anni è il caso di svolgere alcune considerazioni sul voto; sono stati gli elettori dei luoghi più remoti, desolati a volte, lontani dai centri di aggregazione sociale e culturale, quelli con un livello basso di scolarizzazione, i “not (engaged) in education, employment or training” i soggetti più colpiti dai messaggi politico/religiosi semplificati e messianici e sono quelli che hanno espresso il loro traditional education gap votando in modo più conservatore.
Per contro l’elettorato dei centri urbani ha espresso un voto più progressista con ciò, a mio avviso, confermando le tesi di Jonathan I. Israel sul “Democratic Enlightenment” (l’Illuminismo democratico posto all’origine della democrazia e dell’uguaglianza nella società occidentale) che attraverso l’istruzione di massa e l’incremento della secolarizzazione conduce ad una maggiore autonomia e indipendenza nei confronti delle gerarchie tradizionali e, quindi, a una visione più aperta in cui trovano posto la democrazia, la libertà di pensiero ed espressione, la tolleranza religiosa, la libertà individuale, e l’autodeterminazione politica dei popoli, l’uguaglianza sessuale e razziale.
E questa analisi del voto americano si può agevolmente replicare sia storicamente che nella attualità in pressoché tutte le altre nazioni democratiche in cui si vota liberamente.
È errato credere che le tendenze elettorali siano determinate esclusivamente da ragioni di natura economica che sono certamente presenti, anche nella forma del cd. “populismo economico”, ma che con il procedere delle nuove forme di comunicazione di massa, sono sempre meno determinanti.
Ed a riprova ci si chieda: quanto ha contato la reale politica economica di Trump e quanto ha inciso invece la sua “narrazione” in questi quattro anni? Quanto hanno influito le predicazioni dei pastori della congerie delle nuove religioni? Quanto sono stati pervasivi i nuovi media popolari nella veicolazione indiscriminata di ogni tipo messaggi?
“Verità? Chi ne ha bisogno? Al giorno d’oggi, le persone vogliono qualcosa che tenda ad affermare le loro opinioni” si leggeva su Newsmax, influente website dei circoli conservatori statunitensi.
E lasciando da parte il delirio di QAnon e del Deep State, si legga quanto scrive un giudice, Andrew P. Napolitano, anche analista giudiziario senior di Fox News, in relazione alla pandemia, per comprendere la portata della pressione esercitata sul sistema anche da incredibili pseudo teorie giuridico-filosofiche: “Questa servitù volontaria è un male pernicioso poiché incoraggia chi è al potere a continuare a calpestare i diritti naturali. L’esercizio di un diritto naturale – fintanto che non annulla il diritto naturale di un altro – semplicemente non può mai essere sbagliato. Viviamo sotto governi che non solo non riescono a proteggere le libertà personali, non solo non riescono a riconoscerne la validità e il primato, ma le attaccano attivamente. E questi attacchi sono stati accompagnati da un linguaggio a volte rassicurante e talvolta terrificante dal suono scientifico, che ha indotto la servitù volontaria.
L’unico motivo per cui oggi abbiamo anche solo un minimo di libertà personale è a causa di uomini e donne determinati e spesso impopolari che hanno rifiutato di cedere i loro diritti naturali.”
Evidentemente il giudice, forse uno dei 220 conservatori nominati da Trump, non ha appieno ponderato il dato dei 22 milioni di contagiati e dei quasi 400.000 decessi per Covid nel suo Paese, altrimenti avrebbe compreso che in questo caso l’esercizio di un diritto naturale (sic) sta annullando quello altrui alla salute e alla vita, quindi annullandolo veramente, sino alla morte.
La democrazia statunitense è stata sottoposta ad uno stress terribile ma non solo nel momento dell’invasione del Parlamento bensì per quattro lunghi anni; le istituzioni hanno resistito sì ma la presunzione che si basa sulla loro intangibile solidità può essere pericolosa e fuorviante.
E amaramente un ex senatore repubblicano ha scritto: “Quanti danni alla democrazia americana può tollerare, scusare e sostenere il mio partito repubblicano? È elementare dirlo, ma affinché la democrazia funzioni, una parte deve essere pronta ad accettare la sconfitta. Se l’unico risultato accettabile è che la tua parte vinca e un perdente si rifiuta semplicemente di perdere, l’America è in pericolo. È difficile comprendere come tanti dei miei colleghi repubblicani siano stati in grado di abbandonare bruscamente i principi in cui affermavano di credere. È anche difficile capire il perché di questo tradimento che è stato segnato dalla deferenza verso la politica senza scrupoli, incoerente e palesemente egoista di Donald Trump, definita com’è dal suo caos e dalla disonestà senza limiti. La conclusione a cui sono giunto è che lo hanno fatto per le ragioni più vili: pura sopravvivenza e opportunismo di rango. Ma la sopravvivenza separata dal principio rende un politico incapace di difendere le istituzioni della libertà americana quando sono minacciate da nemici interni e stranieri.”
E seppure tardivamente, intervenendo in Senato anche il leader dei repubblicani McConnell, ha avvertito che: “La nostra democrazia entrerebbe in una spirale di morte se la parte perdente in un’elezione fosse in grado di ribaltare un risultato equo con accuse infondate. Gli elettori, i tribunali e gli Stati hanno tutti parlato, se li annullassimo, danneggeremmo per sempre la nostra repubblica“.
Ma mai nessuno in questi anni ha avuto il dubbio che un uomo con evidenti problemi di carattere psichico (soffrirebbe, a detta di numerosi analisti, di narcisismo maligno, sindrome che comprende quattro elementi: comportamento antisociale, paranoia, sadismo e narcisismo – in proposito, si veda tra gli altri, il documentario Unfit: The Psychology Of Donald Trump) guidava in maniera “creativa” la più grande potenza economica e militare del mondo?
Sono stati necessari gli eversori all’assalto al Parlamento per far comprendere la nudità del Re; prima l’opportunismo politico e gli interessi economici lo avevano rivestito con ricchi panneggi.
Adesso sarà necessario per il nuovo Presidente ricostruire la fiducia nelle istituzioni e nella democrazia statunitense, anche agli occhi del mondo, di quel mondo in cui gli Usa volevano esportare per l’appunto la “Democrazia”.
Non sarà semplice anche perché nonostante le evidenze qualcuno continua a pensare che: “Quello che è successo mercoledì è stato una disgrazia e una debacle. Ma non era, come alcuni hanno selvaggiamente sostenuto, paragonabile all’11 settembre o all’incendio britannico del Campidoglio nel 1814 durante la guerra del 1812. Questa è un’iperbole dannosa, propaganda dell’establishment. E ci sono stati eventi molto più gravi nella vita di molti di noi di questa occupazione di quattro ore del Campidoglio.” Patrick Buchanan, consigliere di tre Presidenti.